Baby kamikaze: la maglia di Messi e la cintura esplosiva

Tragedia sventata a Kirkuk: i militari bloccano un 12enne pronto a diventare un baby kamikaze. Ore prima anche il fratello si era fatto esplodere, la colpa - secondo la polizia locale - sarebbe del padre.

Fermato a Kirkuk un bambino 12enne pronto a trasformarsi in baby kamikaze. I militari lo identificano per la maglietta da calcio troppo grande.


Dodici anni, i capelli rasati di lato all’ultima moda, la maglietta di Leo Messi: all’apparenza un ragazzino come tanti, un bambino – ma guai a chiamarli così, a quell’età – che passeggia per Kirkuk, la capitale del Kurdistan iracheno. In realtà, però, è un baby kamikaze. O, almeno, potrebbe diventarlo a minuti. Così come, poche ore prima, lo è diventato suo fratello che - indossato l'esplosivo - si è fatto esplodere vicino alla moschea sciita della stessa città. Dietro ai doppi propositi suicidi - spiega a distanza di qualche ora la polizia -ci potrebbe essere il padre , un padre che avrebbe convinto i figli a compiere questo duplice attentato. Ma questo si scoprirà a distanza di tempo e, mentre il piccolo con la sua maglietta di Leo Messi passeggia, nessuno ancora lo sa. 


Passeggia, quindi, questo bimbo non più bimbo del quale nessuno sa ancora nulla, e lo fa con addosso la maglietta del suo idolo, da solo, in serata inoltrata. Ma quella maglietta è troppo larga e proprio questo attira l’attenzione dei militari che pattugliano la zona. 

In un attimo lo fermano, lo spogliano, lo immobilizzano e trovano quello che cercavano. La trovano quella cintura esplosiva avvolta al corpo che non si è ancora sviluppato e che, se fossero andati in porto i macabri piani di chi quel congegno di morte gliel’ha fissato addosso con una semplice canottiera, non si sarebbe sviluppato mai. Tutti si tengono a distanza. Qualcuno riprende la scena. Arrivano gli artificieri. Il congegno è disinnescato.

E cosa fa quel bimbo, arrivato da Mosul e probabilmente inconsapevole? Piange, lui. Piange perché non capisce? Piange perché ha paura? Nei primi istanti non si sa, non si capisce, poi il bimbo spiega. Spiega quella creatura innocente che avrebbe potuto trasformarsi in una bomba umana, e dice di essere stato rapito da un uomo mascherato, di essere stato imbottito di esplosivo, di essere stato portato lì. Poi piange, ancora, e con lui piangono tutti perché se è arrivato il momento in cui un essere innocente, vestito con i simboli di quell’Occidente da combattere, forse inconsapevole, certamente spaventato, può trasformarsi in un emissario di morte non c’è altro da fare. 

E il fenomeno dei baby kamikaze, che nelle ultime 24 ore sono stati almeno due – uno ad un matrimonio, ed è stata una strage, l'altro, appunto, il fratello dell'aspirante baby kamikaze fermato sul colpo, è morto solo lui ferendo però due persone - , può certamente essere letto come un ultimo colpo di coda di chi cerca di spaventare in una situazione difficile ma il panorama appare come, indubbiamente, spaventoso. 

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