Sesso a scuola: in Sudafrica borse di studio alle vergini

Un sindaco del Sudafrica ha assegnato 16 borse di studio ad altrettante studentesse vergini. Un'iniziativa che ha destato grande scalpore: il sesso a scuola andrebbe insegnato, non vietato. 

Il sesso a scuola andrebbe insegnato, non vietato: le borse di studio alle vergini fanno discutere in Sudafrica.


Il sindaco di Uthukela, in Sudafrica, ha assegnato 16 borse di studio: i requisiti erano essere donna (fin qui tutto bene) e vergine, che, in tempi in cui il sesso a scuola si dibatte in tutte le salse, suona un po’ retrogrado. A chi l’ha criticato, il primo cittadino Dudu Mazibuko ha ribattuto che “è semplicemente un modo per ringraziare le studentesse che vogliono preservarsi per i prossimi tre anni, fino a quando ottengono il diploma”. Della serie: astenersi dal sesso a scuola (e fuori da scuola) perché non diventi un problema, perché non sia affar loro, dei professori, s’intende. Per dirla con le parole del portavoce dell’amministrazione Jabulani Mkhonza, “così le ragazze si mantengono pure e si concentrano sui loro studi”. E basta. Niente grilli per la testa, ormoni messi a tacere, come se fosse facile. Per verificare che il sesso resti fuori dalla scuola, l’istituto ha calendarizzato dei test di verginità decisamente invasivi: chi sgarra o rifiuta di sottoporsi, perde tutto.

Non sorprende che l’iniziativa che vuole vietare il sesso a scuola, o meglio il sesso ai tempi della scuola, abbia destato un certo scalpore tra i movimenti per la parità di genere, critici non solo nel metodo ma anche nel merito dell’iniziativa che mette in relazione la verginità delle donne con la loro integrità e le rispettive capacità intellettuali. "Credo che le intenzioni del sindaco siano notevoli, ma non siamo d'accordo con le borse di studio assegnate alle vergini - ha dichiarato il presidente della Commissione per l'uguaglianza di genere, Mfanozelwe Shozi -. Mettono in moto troppe discriminazioni, verso la sessualità, la gravidanza, perfino contro i ragazzi. Va troppo oltre”.  

A chi ha cercato di vietare il test di verginità in Sudafrica, descrivendolo come sessista e invasivo, è stato risposto che la pratica "conserva la tradizione" ed è stato modernizzato per rendere consapevoli le ragazze circa la possibilità di restare incinte e contrarre malattie, in un paese dove l'HIV e l'AIDS è un problema ancora molto serio. Il fatto è che testare la verginità è un concetto relativo: l'imene può rompersi in vari modi, senza contare che lo stesso concetto di verginità è opinabile. Se s’intende per vergine una ragazza che rinuncia alla penetrazione, ancora ancora. Ma che dire del sesso orale? E di quello anale, assai più pericoloso per la trasmissione di malattie? Della masturbazione? Per non parlare delle vittime di stupro, automaticamente escluse dalle borse di studio.

Sia come sia, l’iniziativa sembra voler trovare una soluzione alle 20mila gravidanze portate a termine dalle studentesse nel 2014 e cercare di ridurre quel 5,6% di giovani donne sudafricane tra i 14 e i 19 che nel 2013 erano incinte. Più che l’astinenza (già provata e già ritenuta da più parti non solo un fallimento ma addirittura un atteggiamento controproducente) raccomandano gli oppositori all'iniziativa, bisognerebbe educare le ragazze alla prevenzione: il sesso a scuola dovrebbe essere insegnato, non vietato. 

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