Droga: nell'estate dello sballo che uccide serve un dibattito vero

I giovani morti per droga nell'estate 2015 hanno riacceso i riflettori su un problema di cui si parla troppo poco ma che, ogni anno, uccide 200mila persone. 

Nell'estate 2015 il problema delle smart drugs ha riacceso i riflettori sulle discoteche.


L’estate 2015 verrà ricordata (anche) per le discoteche, le pastiglie di ecstasy, le tragedie, le polemiche. Lamberto Lucaccioni è morto il 19 luglio al Cocoricò di Riccione, aveva 16 anni. Lorenzo Toma è morto all’alba del 9 luglio, davanti alla discoteca Guendalina a Santa Cesarea Terme, aveva 19 anni. Ilaria Boemi è morta sulla spiaggia di Messina, aveva 16 anni. Tre ragazzi che, in comune, avevano la voglia di sballarsi anche se il condizionale è d’obbligo perché se dall’autopsia di Lorenzo Toma risulta che il giovane soffrisse di una cardiomiopatia ipertrofica (che può causare anche una morte improvvisa), le cause della morte di Ilaria sono ancora da chiarire. Il problema, però, resta. 

Tanto che, dopo le polemiche infuriate all’indomani della decisione del questore di Rimini, Maurizio Improta, di sospendere la licenza del Cocoricò per 4 mesi, alla spicciolata, si tenta di trovare il bandolo della matassa perché se è vero che chiudere un locale non serve a risolvere il problema, il putiferio che scatena è il pretesto per affrontarlo, il problema. Che poi è il sottile confine tra divertimento e sballo, tra lecito e illecito, tra brivido e follia. 

Mentre Il Ciclope - il locale del Salento dove invece è morto Crescenzo Della Ragione, un 27enne colpito da un masso che si è staccato dalla parete della discoteca -, ricorda dalla sua bacheca Facebook che "quasi 200.000 persone ogni anno muoiono a causa della droga e ogni 12 secondi, un minore in età scolastica sperimenta per la prima volta un qualche tipo di droga illegale", il primo a provarci è proprio il Cocoricò che martedì 11 agosto riapre le porte per ospitare il dibattitoAccendiamo la musica spegniamo la droga” organizzato con la partecipazione di Giorgia Benusiglio. Una che a 17 anni subì un trapianto di fegato (spappolato dall’ecstasy) e che oggi, a 32, gira per le scuole, le comunità di recupero anche fuori dall’Italia per spiegare i rischi, chiarire i dubbi, togliere le tentazioni. In una parola per fare prevenzione.  

Quella che non si fa più perché dopo i fiumi di parole degli anni Novanta, quando delle droghe si parlava ovunque, oggi non se ne parla (quasi) mai se non per dare brutte notizie. Risultato: nel corso del 2014 circa 54mila studenti italiani delle scuole medie superiori (il 2,3 per cento dei 15-19enni), hanno ingurgitato droghe alla cieca, del tutto inconsapevoli di che cosa si stessero calando in corpo, di quali sarebbero stati gli effetti e quali le precauzioni. Dati diffusi all’inizio del 2015 dal Cnr e dall'Espad Italia (European School Survey Project on Alcohol and  Other Drugs) che, letti con il senno di poi fanno venire la pelle d’oca. 

Eppure, sapere che cosa circola in corpo, conoscere la differenza tra gli allucinogeni e le anfetamine, o come gestirli, può fare la differenza tra la vita e la morte. Perché è inutile fare della retorica quando si fanno i conti con adolescenti morti: la droga va combattuta, i controlli all’uscita dei locali vanno fatti ma finché nel mondo ne girerà e ci sarà qualcuno disposto ad assumerla, bisognerebbe che, al meno, imparasse a farlo, riducendo il danno. Il che significa anche attivare un servizio di primo soccorso che, in caso di emergenza, sappia che cosa fare. Come, per esempio, accade in Spagna, Svizzera e Nord Europa dove, davanti a molte discoteche, i presidi mobili fanno il “drug checking” per analizzare quello che si vuole prendere, della serie uomo avvisato, mezzo salvato. 

Con l’ecstasy il problema è il colpo di calore - non si stanca di ripetere Stefano Bertoletti, psicologo della Cooperativa Cat di Firenze che va in giro nelle discoteche e nei rave party per spiegare i fondamentali effetti delle più diffuse droghe sintetiche -. Bisogna bere molta acqua, fare pause mentre si balla, cercare di non accaldarsi troppo. Con la ketamina — un anestetico veterinario che dà dissociazione — ci si sente leggeri ma in realtà si è immobilizzati. Quindi si devono evitare bagni in mare, perché si rischia l’annegamento, e stare lontani dai luoghi da cui si può cadere. Le feniletilammine invece spesso vengono vendute come ecstasy, ma sembra che non producano effetti perché hanno tempi di attivazione più lunghi. Così è facile assumerne troppe e il sovradosaggio può causare paralisi”. Insomma, c’è un mondo dietro quelle smart drugs, droghe simpatiche, che di simpatico non hanno nulla. Anzi. 

Walter Pasini, direttore Centro Travel Medicine and Global Health, non ha dubbi nel rilevare “una preoccupante sottovalutazione degli effetti psicotropi e cardiovascolari delle droghe. Quelli che ne fanno uso non si sentono tossicodipendenti e non chiedono aiuto alle strutture di competenza”. Tanto che a questo punto siamo arrivati a “un’assuefazione culturale al consumo di droghe” che va combattuta in prima persona perché “se è vero che i giovani non conoscono appieno gli effetti e le conseguenze dell'uso delle droghe sintetiche - fa notare Pasini - è altrettanto vero che esistono possibilità di supplire a questa carenza attraverso l'informazione dalle famiglie, dalla scuola e da campagne di educazione sanitaria che devono necessariamente coinvolgere anche le discoteche”.

Come la campagna di sensibilizzazione a livello nazionale, nelle scuole e nelle discoteche, “con il coinvolgimento dei ministeri delle Politiche Giovanili, dell'Istruzione, della Salute e dell'Interno” lanciata dal Silb, Associazione Italiana Imprese di Intrattenimento da Ballo e di Spettacolo promotrice del dibattito dell’11 agosto al Cocoricò. Diverse le proposte messe sul tavolo: dal Daspo per chi fa uso di sostanze stupefacenti ai cani antidroga davanti ai locali, dalla richiesta di un tavolo permanente con le istituzioni a una maggiore collaborazione con le forze dell'ordine. Ma prima di tutto andrebbe rivisto e corretto “l’articolo 100, un vero boomerang nei confronti delle discoteche, che se denunciano episodi di criminalità nei propri locali rischiano la chiusura”. 
 
Nella speranza che qualcosa succeda, Giordano Sangiorgi, il coordinatore del Meeting etichette indipendenti (Mei) propone “un giorno di lutto nazionale della musica e delle discoteche” così da “organizzare incontri e dibattiti con un momento di riflessione, uno stop per un rilancio di una primavera nuova di musica pulita, lontana anni luce dal mondo dello spaccio e dal business illegale che spesso gravita intorno al settore”. Un risultato che, sostiene Sangiorgi, non si raggiunge con “la chiusura degli spazi che rischiano di essere conniventi con modelli illegali di vita”: servono anche “politiche di prevenzione oggi sempre meno indicate ai giovani all'interno del mondo delle scuola e dei loro spazi aggregativi”. Serve una società che si occupi dei suoi giovani perché solo “la conoscenza vi renderà liberi”, scriveva Socrate più di duemila anni fa. Prima che sia troppo tardi, beninteso. 

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