Nobel non ritirato (o rifiutato): da Bob Dylan a Sartre
Bob Dylan non ritirerà il Premio Nobel: farà come Doris Lessing, che inviò una lettera? o come Elfriede Jelinek, che spedì un videomessaggio? Breve storia di nobel rifiutati più o meno forzati.
Bob Dylan snobba la cerimonia che gli assegnerà il premio Nobel per la Letteratura perché ha da fare. “Impegni preesistenti”, fa sapere il cantautore, in ossequio a quel I’m not there, non sono lì - per citare il titolo di una delle sue canzoni più famose nonché del film biografico a lui dedicato - ma in controtendenza rispetto alla disponibilità dimostrata in passato. Perché Dylan i premi li ha sempre accettati, a differenza di Jean-Paul Sartre, per chiamare in causa l’illustre precedente che ha rifiutato il premio Nobel nel 1964 ma motivando la sua scelta e coerente all’allergia ai riconoscimenti che lo aveva spinto a declinare anche la Legion d’onore e una cattedra al Collège de France.
Bob Dylan e i premi
Certo, Dylan ha il suo stile e in molti cercano di prevedere quale applicherà il 10 dicembre. Tanto per fare un ripassino: quando ritirò il premio alla carriera, ai Grammy del 1991, citò un insegnamento di suo padre: “è possibile diventare così defilati nel mondo che perfino tuo padre e tua madre ti abbandonino. E se ciò accade Dio crederà sempre nella tua capacità di imparare dai tuoi errori”. Nel 2012, quando il presidente Obama lo insignì con la Medal of Freedom, non disse una parola. D'altra parte quando nel 2010, alla Casa Bianca, cantò The Times Are A-Changin’, si dileguò con una stretta di mano e un cenno del cappello, strappando a Obama l’ironico commento “è così che dev’essere Bob Dylan, giusto? Non te lo immagini sorridente o entusiasta”. Nel 2015, quando Dylan ricevette dalle mani dell’ex presidente Jimmy Carter il Musicares andò un po' meglio e concesse un risicato “è questo l’onore più grande per me”. Sia come sia, a Dylan non resta che preparare la lezione che (comunque) dovrà dovrà tenere entro sei mesi e, magari, prendere spunto dai suoi predecessori che hanno lasciato vuota la loro sedia a Stoccolma.
Premio Nobel: le assenze di Liu Xiaobo e Aung San Suu Kyi
L'ultimo è stato il poeta e dissidente cinese Liu Xiaobo, nel 2010, ma il suo non è certo stato un "no" voluto dal momento che si trovava in carcere dal 2009 per le sue battaglie in difesa dei diritti umani che la giustizia ha invece interpretato come “incitamento alla sovversione del potere dello stato”. Perciò non solo Xiaobo non ha ritirato il Premio ma il riconoscimento ha spinto il governo a rinchiudere pure la moglie.
Simile la storia della politica birmana Aung San Suu Kyi, premio Nobel nel 1991 ma, anche lei, ai tempi detenuta (agli arresti domiciliari). Poco male perché il denaro ricevuto fu usato per costituire un sistema di istruzione e sanitario in patria e nel discorso tenuto 21 anni dopo, quando finalmente andò a Stoccolma per ritirare l'onoreficenza, Aung San Suu Kyi ci tenne a precisare che il Nobel “mi aveva riportata nella realtà, mi aveva reintegrata nella più ampia comunità umana. E ciò che era più importante, il premio Nobel aveva attirato l'attenzione del mondo sulla lotta per la democrazia e i diritti umani in Birmania. Non avevamo intenzione di dimenticarlo”.
Nobel per la Letteratura: defezioni celebri
Ma l’elenco delle defezioni letterarie è lungo: si va da quella di Doris Lessing che, non presentandosi alla cerimonia perché malata, non rinunciò a spedire una (sarcastica) lettera intitolata Sul non vincere il Premio Nobel (memorabili i commenti sul fatto che non potendoglielo dare da morta glielo assegnarono a 88 anni) a quella del drammaturgo Harold Pinter (nel 2005, anch'egli assente per cause di salute) e della collega Elfriede Jelinek (2004), troppo "confusa" ed "esterrefatta” per partecipare, che a Stoccolma inviò un videomessaggio.
Chi ha rifiutato il Premio Nobel? Gli illustri sovietici
A proposito di rifiuti forzati, gli autori dell'ex Unione Sovietica offrono casi illustri. Il primo, più rumoroso e triste è quello di Boris Pasternak, autore de Il dottor Živago: vincitore del Premio nel 1958 grazie a un escamotage della Cia che a pochi giorni della cerimonia trovò un manoscritto in russo (secondo il regolamento l’opera deve essere stata pubblicata nella lingua madre), lo fotocopiò pagina per pagina e lo pubblicò, fu costretto a rifiutare nonostante fosse “immensamente riconoscente, toccato, orgoglioso e imbarazzato”. L'ordine arrivava dalle autorità russe e dalle minacce del Kgb: Pasternak obbedì ma il suo destino era ormai segnato. Perseguitato, morì due anni più tardi e il premio fu ritirato nel 1989 dal figlio Evgenij.
Deciso a non fare la stessa fine, Alexandr Solgenitsyn, il collega russo che per primo nel 1970, in Arcipelago Gulag, raccontò l’altra faccia dell'Urss, quando gli fu assegnato il Nobel declinò la cerimonia di Stoccolma (e pure quella privata, nell’ambasciata svedese a Mosca) per paura che la patria non l’avrebbe più riammesso. Diniego inutile, dal momento che 4 anni dopo fu esiliato (ma finalmente ritirò il Premio).
Jean-Paul Sartre (e gli altri "no" consapevoli)
A proposito di rifiuti consapevoli, invece, i più illustri riguardano il filosofo francese Jean-Paul Sartre e il politico vietnamita Lê Ðức Thọ: il primo, insignito nel 1964, diede forfait alla cerimonia non perché, come ironizzò lo scrittore André Maurois, non fosse in grado di indossare uno smoking ma perché “lo scrittore deve rifiutare di lasciarsi trasformare in un’istituzione, anche se questo avviene nelle forme più onorevoli” come scrisse nella lettera arrivata troppo tardi all’Accademia, quando ormai gli era già stato assegnato.
Per quanto riguarda Lê Ðức Thọ, invece, vincitore nel 1973 insieme a Henry Kissinger - l’allora segretario di Stato americano nonché collega dei negoziati per gli accordi di Parigi volti a mettere fine della guerra in Vietnam - il rifiuto è motivato dal fatto che la pace è ancora lontana (arriverà due anni dopo, nel 1975) e gli accordi sottoscritti non erano stati rispettati.
Provocatorio anche l’irlandese George Bernard Shaw lo scrittore Premio Nobel del 1925 “per le sue opere fatte di idealismo e umanità e la sua satira spesso infusa di singolare bellezza poetica” che, però, arrivò a una mediazione: accettò solo perché convinto dalla moglie ma rinunciò al denaro, devolvendolo al finanziamento delle traduzioni dell’opera del drammaturgo August Strindberg.
Infine, decisamente coerente, fu il primo dei “no”, pronunciato dal poeta Erik Axel Karlfeldt nel 1918: l’autore rifiutò in quanto membro dell'Accademia Svedese, ma il tributo fu solo rimandato dal momento che gli fu attribuito postumo, nel 1931. Per scoprire a quale dei “no” si rifarà Bob Dylan non resta che attendere, certi che The answer my friend is blowin’ in the wind. La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento.
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