Mukako: come i genitori risparmiano tempo nella spesa per i bambini

Martina Cusano ed Elisa Tattoni, ovvero l'anima di Mukako.com, l'e-commerce che "restituisce tempo ai genitori". Ecco com'è nata, cresciuta (ed esplosa) una start-up al femminile.

Elisa Tattoni, Martina Cusano e il [MU]table, il tavolo multigioco da 1 a 8 anni creato da Mukako. © Mukako

Da Londra a Milano passando per la Spagna e il Brasile; dall'alta finanza all'economia domestica: così Martina Cusano ed Elisa Tattoni hanno creato Mukako, la start up che accompagna i genitori e restituisce loro il tempo necessario ad accompagnare i rispettivi figli nel cammino dell’infanzia. Come? Sollevandoli dalle incombenze ordinarie - prima tra tutte i pannolini, che Mukako recapita a casa, ogni mese, assecondando la crescita del bebè -, da quelle stagionali - vestiti, scarpe, accessori per l'asilo e poi giochi, libri e regali - e straordinarie, dalla culla al passeggino, dal seggiolino al seggiolone. Perché su Mukako.com c’è tutto e c’è di più. C’è quello che ti aspetti e quello che scopri. E se basta un clic per compare, per non sbagliare c’è un’assistente in chat che fa le veci del commesso, dispensando i consigli necessari ai neo (e non solo) genitori. D’altra parte Mukako, in finlandese - la patria materna di Elisa - è la parola coniata ad hoc per descrivere “la scatola che ti accompagna”, la Baby Box che dal 1938 il governo agevola alle famiglie quando in casa arriva un neonato. E loro, Martina ed Elisa, 36 e 35 anni, due e tre figli per una, sanno bene quanto sia complicato pensare (e soprattutto trovare il tempo) per far tutto.


Martina, com’è nato Mukako.com?

“Elisa ed io ci siamo conosciute durante un MBA ad Harvard, entrambe avevamo un passato nell’alta finanza a Londra ed entrambe ci siamo ritrovate alle prese con la fondazione di Privalia, una delle più grandi start up a livello europeo: io sono diventata General Manager di Groupalia Italia, lei Chief financial officer di Privalia Italia e Brasile. Tuttavia sapevamo che avremmo fatto qualcosa insieme, che l’esperienza che stavamo maturando sarebbe stata messa a frutto per creare una start up in grado di dare un valore aggiunto. Quando siamo diventate mamme ci siamo rese conto che i genitori sono un target poco coccolato e da coccolare, con esigenze basiche ma anche molto sofisticate che difficilmente riescono a soddisfare, per lo più per mancanza di tempo e di un'offerta alla portata. Così ci siamo messe a tavolino, abbiamo studiato e alla fine è nato Mukako”.


Un sito dedicato alle mamme tecnologiche?

“Non solo alle mamme, anche ai papà e perfino ai nonni! Anche se noi non siamo native digitali, da mamme ci siamo ritrovate a fare acquisti online per non doverci scapicollare nei negozi di prima infanzia che, spesso, per esigenze di spazio, sono ai margini della città. E diciamocelo: uscire di casa con un bambino è scomodo e sovente si riesce solo nel week end, quando invece si avrebbe voglia di stare in famiglia e fare cose più piacevoli. Mukako risponde a quest’esigenza: restituisce il tempo ai genitori e ai figli offrendo beni di prima necessità e consulenze - per la serie: se cerchi un robot per lo svezzamento ti fornisco anche consigli su come si fanno le prime pappe - ma anche libri e giochi che vanno al di là di quelli elettronici. I nostri figli sì che sono nativi digitali: dar loro qualcosa in più significa regalargli esperienze sensoriali, ritornare ai giochi in legno e analogici, per esempio. Giochi che educano, durano e arredano”.


E gli investitori? Come vi hanno accolto?

“Benissimo, hanno superato le nostre aspettative. Abbiamo toccato con mano l’altra faccia della medaglia: io avevo due bambini piccoli a casa, Elisa era incinta di sei mesi. Tuttavia nessuno ci ha mai guardato male, non siamo mai state discriminate dagli investitori (ahinoi), tutti uomini. Anzi, in molti hanno apprezzato il nostro entusiasmo e la nostra determinazione nel voler colmare un enorme vuoto. D’altra parte molti di loro sono genitori e sapevano bene di che cosa stavamo parlando. Uno di loro ci ha detto: “vogliamo investire nelle donne perché voi sapete distinguere tra i figli veri e le società che create”, un concetto che agli uomini non è così chiaro e spesso finiscono per confondere i piani”.


La dimostrazione che chiunque può diventare startupper?

“Naturalmente, il nostro passato nei big dell’e-commerce è stata una carta fondamentale: ci ha dato la credibilità, oltre che l'esperienza, necessarie ad essere prese e a fare sul serio. In Italia, il principale ostacolo dei giovani startupper - uomini o donne che siano - è la difficoltà nell’essere credibili: negli Usa è pieno di ventenni che, partendo da zero e solo con un’intuizione diventano miliardari. Noi, in questo senso, dobbiamo ancora crescere. Tuttavia la credibilità si costruisce e se il progetto funziona, nulla è impossibile”.


La vostra missione è restituire tempo e risparmiare fatica ai genitori. Un bilancio?

“Abbiamo iniziato a luglio 2015, ci aspettavamo di essere ben accolti dai genitori - anche se non credevamo che alcuni prodotti di nicchia sarebbero andati così forte - ma non immaginavamo di ricevere così tanto entusiasmo da parte dei fornitori. Faccio un esempio: quando abbiamo contatto la Pampers ci è stato detto: “erano 5 anni che aspettavamo che in Italia qualcuno s’inventasse un progetto così”. Erano pronti prima di noi! D’altra parte, di pari passo con la società, è cambiato il mercato, sono diverse le esigenze (molto più sofisticate), le disponibilità economiche (più ridotte) e di tempo (non ne parliamo). Mukako cerca di stare al passo e interpretare questo cambiamento”.


E voi di Mukako, mamme, mogli e donne manager, come siete messe?

“Abbiamo la fortuna di avere giornate (e nottate!) flessibili e mariti che fanno la loro parte. Certo, lavoriamo tantissimo ma facciamo quello che ci piace e siamo ligie nel ritagliarci gli spazi per la famiglia. Per dire: andiamo a prendere i nostri figli all’asilo (che fanno il tempo continuato, naturalmente) e non abbiamo tate”.


Tre consigli ai neo genitori?

“Essere genitori è un’esperienza così personale e individuale che non credo si possa generalizzare. Per esperienza, dico: cercate qualsiasi tipo di servizio che vi possa togliere problemi e perdite di tempo e state con i vostri figli; cercate di fornire loro stimoli sensoriali alternativi a quelli tecnologici di cui sono bombardati, insegnategli la flessibilità mentale e infine siate organizzati ma non dimenticate mai di avere pronto anche il piano B”.


Tre idee per migliorare il welfare familiare italiano?

“Primo, asili progenitori: aperti sempre e a tutto. Non parlo solo di orari ma anche di possibilità e attività extra didattiche, dal momento che le strutture ci sono. Offrire il meglio alle nuove generazioni e creare occupazione femminile dovrebbero essere obiettivi sociali. Purtroppo, ad oggi, la logistica è strutturata in senso opposto. Secondo, l’iniziativa privata: quando vivevo a Madrid potevo andare a bere un caffè con un’amica e portarmi i bambini che, felici, giocavano nelle aree giochi a loro dedicate. A Milano è impossibile: mancano locali attrezzati per le famiglie che, alla fine, mortificano la loro vita sociale. Terzo, flessibilità nel lavoro e non mi riferisco solo alla possibilità di lavorare da casa perché non sempre è possibile. Quello che invece è fattibile è modulare l’orario in maniera più fluida, un salto culturale che riconosca alla lavoratrice, così come al lavoratore, anche la sua identità di genitore”.

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