Basta un poco di (psycho)burlesque

Luana De Vita, psicoterapeuta romana, ha inventato una disciplina per aiutare le donne ad andare oltre gli stereotipi e diventare protagoniste del loro corpo.


Il burlesque fa bene all'autostima.


Che il teatro sia catartico lo sapevano già gli antichi greci. Che anche il burlesque possa esserlo è scoperta più recente. Se poi mettete il burlesque a teatro e una psicoterapeuta al posto di un regista allora l'alchimia è capace di fare miracoli. Lei, Luana De Vita è una psicoterapeuta romana, la sua disciplina si chiama psycho burlesque e il palcoscenico dove tutto è possibile è quello della Bottega degli artisti, un piccolo teatro della capitale. 

Tutto è iniziato per caso: una sera la psicoterapeuta ha visto uno spettacolo e la sinapsi è stata immediata. Detto fatto. In poco tempo ha messo a punto un workshop dove "si affrontano i temi della percezione della propria identità femminile e del nostro corpo" racconta. Anche perché, sottolinea la psicoterapeuta, il problema delle donne, molto spesso, sta negli occhi degli altri. Nel modo in cui loro si sentono guardate. Ecco perché, obiettivo del suo workshop è lavorare sulla "percezione individuale interna e personale di ogni donna rispetto alla propria immagine corporea e all’idea di sé stessa come donna nella famiglia, nella società, nella cultura contemporanea". 

Troppo spesso, infatti, "ci guardiamo allo specchio con gli occhi degli altri, cercando di rispondere alle loro aspettative e così ci perdiamo, non riusciamo più a riconoscere i nostri desideri, la nostra identità" spiega la psicoterapeuta. E il burlesque, con la sua dose di satira e seduzione, esibizionismo e, per l'appunto, burla, che non ama i corpi perfetti ma piuttosto quelli femminili ed espressivi è la medicina perfetta.

Le pazienti-attrici hanno dai 24 ai 60 anni, sono casalinghe o donne in carriera, figlie, madri e nonne e hanno un'unica certezza: con lo psycho-burlesque si sono messe in discussione, hanno riso di sé stesse e alla fine si sono riappropriate della loro immagine. Sono andate oltre gli stereotipi, si sono guardate con i loro e si sono scoperte per quello che erano realmente, non per come si sentivano giudicate dagli altri. Da guardiane che erano sono diventate protagoniste del loro corpo, hanno imparato ad essere sensuali per loro stesse e hanno scoperto aspetti della loro personalità che avevano tenuto in soffitta per troppo tempo. Perché il burlesque fatto a teatro ti costringe a recitare, l'importante è scegliere la parte giusta. 

Ecco perché, durante il workshop che dura due giorni e comprende "un lavoro esperienziale con una performer di burlesque, attraverso l’apprendimento delle tecniche della sofisticata e ironica arte", è molto importante "la scelta del nostro alter-ego che va fatta - spiega ancora De Vita - giocando con umorismo e leggerezza, con piume di struzzo e pizzi, rossetto e reggicalze, lustrini e paillettes".

L’obiettivo è semplice e complesso allo stesso tempo: "riconoscere e accogliere la propria immagine corporea e l’immagine mentale della nostra femminilità più autentica attraverso l'esperienza del movimento e della scelta del nostro personaggio per entrare in contatto e relazione con il proprio corpo e con la parte più profonda della nostra identità femminile".

A Mary Poppins bastava un poco di zucchero, perché non provare con un poco di burlesque? Magari, curata l'autostima, si scopre una vocazione e da lì al New York Burlesque Festival  che da dodici anni trasforma la Grande Mela nella capitale mondiale delle piume, dei copri-capezzoli, dell’arte di spogliarsi con ironia, il passo è breve (e seducente). 

Copyright foto:  Kika Press

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