Aborto in Italia, per Strasburgo è "a rischio la salute delle donne"

Il Consiglio d'Europa ha accolto il ricorso della Cgil in merito all'applicazione a singhiozzo della legge 194: accesso difficile per le donne e medici  non obiettori discriminati.

Nel presentare il ricorso la Cgil ha fornito i dati sugli obiettori di coscienza, cresciuti fino al 70%.


Tempi duri per la legge 194/78, meglio nota come legge sull’aborto: a bacchettare l’Italia che la applica "a singhiozzo" è il Consiglio d'Europa che ha accolto il ricorso presentato dalla Cgil perché - sostiene il Sindacato che ha convinto Strasburgo -, l’attuale situazione in Italia "non protegge il diritto garantito delle donne all'accesso all'aborto", e nemmeno "i diritti dei medici coinvolti nei servizi per l'interruzione volontaria di gravidanza", alias i non obiettori che sono spesso discriminati sul lavoro. 

A rischio la salute delle donne

Il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa l’ha scritto nero su bianco: "in alcuni casi, considerata l'urgenza delle procedure richieste, le donne che vogliono un aborto possono essere forzate ad andare in altre strutture (rispetto a quelle pubbliche, ndr), in Italia o all'estero, o a mettere fine alla loro gravidanza senza il sostegno o il controllo delle competenti autorità sanitarie, oppure possono essere dissuase dall'accedere ai servizi di aborto a cui hanno invece diritto in base alla legge 194/78". Scenario che può "comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne interessate, il che è contrario al diritto alla protezione della salute".

Senza contare la sanzione introdotta nell’ordinamento lo scorso 15 gennaio, ovvero la multa, fino a 10mila euro applicata alle donne in caso di aborto clandestino.

I dati sull’obiezione di coscienza

Già denunciati da un’inchiesta del New York Times, i numeri e la progressiva crescita degli obiettori di coscienza sono finiti nel faldone presentato dalla Cgil al Consiglio d’Europa: se nel 2003 coinvolgevano il 57,8% dei ginecologi, nel 2009 sono balzati al 70,7% (ma in regioni del Sud Italia, per esempio in Basilicata, superano l'85%). Insomma, una situazione ben diversa da quella descritta nell'ultima relazione al Parlamento sulla legge 194, in cui si afferma che "la copertura è più che soddisfacente". 

Italia recidiva 

A questo punto non resta che sperare che l’ammonimento del Consiglio d'Europa venga recepito diversamente da quello due anni fa (bellamente ignorato) quando, accogliendo un (simile) ricorso sempre della Cgil con l'International planned parenthood federation european network (Ippf), Strasburgo scrisse che "a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza"

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