Ospedale Medici Senza Frontiere: a Idbil non restano che macerie

Quattro missili hanno distrutto l'ospedale di Medici Senza Frontiere a Idbil, in Siria. Almeno 50 i morti e un centinaio i feriti. Bombardati altre 4 strutture sanitarie e due scuole.

L'ospedale di Medici Senza Frontiere a Idbil, in Siria è stato distrutto da quattro missili: russi o americani?


L’ospedale di Medici Senza Frontiere Ma'arat Al Numan a Idbil è un cumulo di macerie. Anche se era ben mimetizzato, chi lo voleva disintegrare l’ha trovato. Forse una soffiata, forse tutto quell’andirivieni di barelle e flebo. Sia come sia, i quattro missili sganciati in due attacchi diversi, a pochi minuti di distanza l'uno dall'altro non hanno lasciato più nulla: dell’ambulatorio che ogni mese visitava 1500 persone, del pronto soccorso che ne salvava in extremis altre 1100 e delle due sale operatorie che registravano 140 interventi al mese non resta che polvere e sangue. Ma non soltanto: a quattro giorni dal previsto inizio della tregua parziale (secondo l’accordo annunciato a Monaco l’11 febbraio), l’ospedale di medici Senza Frontiere non è stato l’unico obiettivo del fuoco dal cielo. Colpite anche due scuole (a Idbil e Aleppo) e altre 4 strutture sanitarie. Resta da capire chi ha sganciato quei missili che hanno ucciso almeno 50 persone, per lo più donne, bambini, malati, medici e personale sanitario e fatto un centinaio di feriti.  

Perché mentre Francia, Turchia e Onu non hanno dubbi e imputano i raid alla Russia, parlando apertamente di “crimini di guerra”, il Cremlino, forte dell’appoggio del presidente siriano Bashar al-Assad scarica la responsabilità sui caccia americani e gela le prospettive di una tregua: “Il cessate il fuoco si fa fra Stati, non con i terroristi”. Nel frattempo i guerriglieri curdi continuano ad avanzare a Nord di Aleppo e la tensione sale alle stelle. Basta vedere la cautela del segretario dell’Onu Ban Ki-moon che pur avendo denunciato “la violazione delle leggi internazionali”, non ha accusato direttamente la Russia, forse nella speranza di dissipare le ombre (sempre più fitte) sull’entrata in vigore della tregua. 

Mentre i potenti giocano d’azzardo, i civili fanno i conti con le strategie della guerra che li usano come pedine: “Distruggere gli ospedali, impedire di curare i feriti indebolisce una parte, contribuisce al crollo psicologico sia dei combattenti sia dei civili - spiega Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia -. Fa parte della speciale crudeltà di questa guerra assieme agli assedi della città, alle persone affamate”. In cinque anni di guerra in Siria sono stati distrutti 180 ospedali e 700 operatori sono stati uccisi. 

Il fatto è che “la distruzione dell'ospedale di Medici Senza Frontiere lascia una popolazione locale di circa 40mila persone senza alcun accesso all'assistenza medica in una zona in pieno conflitto”, denuncia Massimiliano Rebaudengo, capomissione di Medici Senza Frontiere. “I pochi rimasti devono fare i conti con forniture mediche di scarsa qualità che passano ancora dall’unico valico con la Turchia” spiega Yasser Darwish, medico e direttore dello Health Directorate di Aleppo, anche se resta da capire come si farà con le sacche di sangue che finora arrivavano dal centro di Aleppo, ora tagliato fuori. Se la tregua non si fa con i terroristi, andrebbe fatta per gli innocenti.

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