Alexandra Mezher, l'omicidio della 22enne svedese scuote l'Europa

La 22enne Alexandra Mezher, accoltellata in un centro di accoglienza in Svezia da un 15enne richiedente asilo dà un'accelerata alla paura dell'Europa: la Danimarca approva la confisca dei beni ai profughi. 

Alexandra Mezher è stata uccisa in un centro di accoglienza, da un 15enne di nazionalità non precisata.


L’omicidio della giovane svedese Alexandra Mezher scuote l’Europa, soprattutto quella del nord. I fatti: la mattina del 25 gennaio, nella piccola struttura per profughi minorenni non accompagnati a Molndal - una cittadina dormitorio a sud di Goteborg -, l’operatrice 22enne di origini libanesi ma dai capelli biondi e gli occhi azzurri è stata accoltellata da un 15enne richiedente asilo, di nazionalità non precisata. I motivi che hanno scatenato la rabbia sono sconosciuti, è un fatto che la (tragica) morte di Alexandra Mezher ha dato un’accelerata a chi vede nei profughi i mali del mondo.   

Alexandra Mezher aveva origini libanesi, in Svezia lavorava in un centro di accoglienza, quello dove è stata uccisa.

Trasportata d’urgenza al Sahlgrenska Hospital, Alexandra Mezher è morta poco dopo per la profondità delle ferite lasciando un vuoto grande così non solo per i parenti - "Era un angelo, che voleva solo fare del bene”, dicono di lei gli affranti genitori - ma anche nel paese. "È colpa dei politici svedesi se Alexandra è morta”, ha tuonato un rabbioso cugino della giovane, amplificando la ricaduta del crimine nel (già controverso) dibattito pubblico. Tanto che il primo ministro, Stefan Loefven, dopo una visita a Moelndal, dopo aver definito "terribile" il crimine, non ha esitato a precisare che “In Svezia ci sono molte persone preoccupate dalla possibilità di casi di questo tipo". 

Insomma, la sua morte, rischia di ribaltare i principi che animavano la giovane Alexandra Mezher, che viveva per aiutare i profughi che sognano l’Europa, soprattutto quella del nord. La Danimarca, per esempio, che poco di 24 ore dopo ha varato la contestata legge sui migranti volta a scoraggiare le richieste di asilo e prevede la confisca di beni e gioielli che superano il valore di 10mila corone (circa 1.350 euro) “per contribuire alle spese di mantenimento e alloggio”.

Mentre il portavoce dell’Onu Stephane Dujarric prova a ribadire che “Le persone che hanno sofferto per scappare dalle guerre e messo le loro vite a rischio attraversando il Mediterraneo o camminando per migliaia di chilometri devono essere trattate con compassione, rispetto e secondo tutte le norme stabilite nella convenzione sui rifugiati”, l’esecutivo di destra danese, guidato dal premier Lars Lokke Rasmussen (forte dell’appoggio esterno dello xenofobo Partito del popolo), ha precisato che le novità introdotte equiparano i migranti ai danesi disoccupati che, per accedere al sussidio, devono mettere a disposizione la stessa quantità di beni. Sia come sia, chissà come la penserebbe Alexandra Mezher, che a 22 anni si occupava di sistemare i giovani profughi nella struttura, in attesa di una vita migliore ed è morta per uno scatto di rabbia. Una rabbia che leggi come queste, forse, rischiano di amplificare.

Copyright foto: Kika Press/Facebook@R.I.P. Alexandra Mezher
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