Rap, una (promessa) sposa bambina cambia il suo futuro con la musica

Afghana cresciuta in un campo profughi a Tehran, Solita Alizadeh è scappata dal suo destino di sposa bambina grazie a un pezzo rap che l'ha portata negli Usa, dov'è diventata (anche) un'attivista. 

Sonita Alizadeh ha schivato un matrimonio in Afghanistan grazie al rap.


Il rap ha cambiato il suo destino: se Sonita Alizadeh non è diventata l'ennesima sposa bambina dell'Afghanistan e si è conquistata un presente e un futuro negli Stati Uniti è grazie a Dokhtar Forooshi (Figlie in vendita), il pezzo che ha composto quando di anni ne aveva poco più di dieci e alle spalle già una fuga, da sua madre, che l'avrebbe voluta sposa e nient'altro.  

Vivevo a Tehran con mio fratello come rifugiata - racconta oggi, che di anni ne ha 19 -, il mio desiderio era andare a scuola ma il mio status non me lo permetteva”. Va così alle bambine, in Iran, seconde scelte, sempre. Ma Sonita non si rassegna e di nascosto inizia a frequentare la scuola di una Ong. Tutto fila liscio finché un giorno la madre fa capolino dall’Afghanistan, con una notizia per lei, che la tramortisce: “quando mi ha detto che sarei stata venduta per permettere a mio fratello di comprare una moglie, il mio cuore si è fermato, non riuscivo a respirare né a parlare. Le mie mani tremavano. Ho capito che, in confronto a lui, io non avevo nessun valore”. 

La madre le dice di fare le valige ma ancora una volta Sonita non ci sta e scappa da quella vita che altri hanno già scritto per lei: “Era molto difficile immaginare di sposare uno sconosciuto, pensare che mi avrebbe toccata era più doloroso di una frustata. Così ho deciso di fare qualcosa per far sentire la mia voce e affermare la mia esistenza”. E, di nuovo, va contro corrente, sfida il divieto che impedisce alle donne di comporre musica in Iran e scrive Dokhtar Forooshi "non solo per  me ma anche per le mie amiche che stavano vivendo la stessa situazione. Sono cresciuta in un paese dove la mia personalità è sempre stata torturata a causa del mio genere, mi sentivo una donna invisibile e ho scritto la canzone per dire: Io esisto, ho una voce, sono proprio come voi”.
 
Ad aiutarla e sostenerla c’è una regista donna: il video sbarca su YouTube, macina click e un giorno arriva la telefonata che dà la svolta con la maiuscola. “Sono stata contattata dall’organizzazione Strongheart Group - racconta Sonita -. Loro mi hanno portato negli USA (grazie ad un visto) per permettermi di andare a scuola, qui ho il diritto di scegliere e pensare al mio futuro ma una delle mie prime preoccupazioni resta la libertà per molte ragazze come me”. 

Oggi Sonita è un’attivista, la più giovane rapper (donna) afghana e nel suo cuore c’è spazio anche per il perdono:  “È facile pensare che i genitori costringano le ragazze al matrimonio perché non le amano abbastanza ma io credo che questa non sia la verità” spiega, dopo anni di domande e dopo la morte di suo padre che, a sua volta, sposò sua madre quand’era poco più di una bambina. “Anche in paesi dove le bambine vengono vendute, l’amore all’interno della famiglia è forte. La povertà lo è allo stesso modo, così come la tradizione. So che mia madre ha cercato di vendermi ma so anche che mi ha amata molto. È stata obbligata a chiudere i suoi occhi all’amore a causa della tradizione e della povertà. Non conosceva un’altra strada”.

È stata lei, Sonita, a cercare un’altra strada che un giorno ha deciso d’imboccare anche la madre: “Dopo che il mio pezzo rap è stato trasmesso in tv mi ha chiamata per dirmi che le era piaciuto: era la prima volta che la mia famiglia conosceva davvero i miei pensieri. Mia madre non ha mostrato molta emozione ma è stato il più grande cambiamento della mia vita, era felice della mia canzone, ha scelto me e non la tradizione e ciò significa che mi ha dato la sua vita. Amo la mia famiglia e so che sono i miei più grandi fan”.




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