Isis: l'orrore del bambino trasformato in jihadista

Il video diffuso dall'Isis mostra un passaggio del massacro di Tikrit che fece più di mille morti: un bambino, sordo alle suppliche dei prigionieri, preme il grilletto e gli spara alla nuca. Dopo la diffusione del video l'Isis ha sferrato il suo primo attacco in mare, contro la marina egiziana.

Il video che mostra il baby jihadista è stato girato durante il massacro di Tikrit.


È un bambino, ha la pistola in mano, nelle orecchie le suppliche del prigioniero, nella testa il lavaggio del cervello che gli hanno fatto i combattenti dell’Isis: punta alla nuca, preme il grilletto, il corpo cade a terra, qualcuno butta il cadavere nel fiume Tigre, l’acqua si colora di rosso. Il bambino guarda e poi ripete la scena con un altro prigioniero. Il bambino non è più un bambino, è un jihadista.

Il video diffuso dall’Isis, lungo 23 minuti, girato il 12 giugno 2014, nei giorni del massacro di Camp Speicher - noto anche come massacro di Tikrit, durante l’avanzata dell’Isis in Iraq - e pubblicato in rete alcuni giorni fa, è spietato. Il piccolo jihadista è l'ennesima riprova di come il Califfato trasformi i bambini in jihdasti, dopo averli strappati o comprati dalle loro famiglie e addestrati nei campi sparsi per il territorio. 

Il frame del baby jihadista, però, è solo un terribile passaggio di quella che è passata alla storia come un’esecuzione di massa: i miliziani giustiziarono 160 reclute dell'Aeronautica militare irachena, anche se il numero è approssimativo. Poi scatenarono la loro furia contro la popolazione sciita: 1700 morti secondo loro, 1.095 secondo quanto calcolato dal governo iracheno, in una dichiarazione ufficiale. Una carneficina mostrata al mondo attraverso le immagini di centinaia di uomini inginocchiati, incappucciati, freddati da colpi di pistola e mitragliatrice e gettati in acqua, o in una fossa comune. Un eccidio che le Nazioni Unite che hanno definito un "crimine di guerra".

All’origine della decisione di pubblicare in rete l’orrore - accompagnato dalla minaccia “Questo è un messaggio che rivolgo a tutto il mondo e in particolare agli sciiti: stiamo arrivando” -, forse la decisione del Consiglio giudiziario supremo iracheno di applicare la pena di morte a 24 prigionieri jihadisti accusati di aver partecipato alla strage. 

Strage che si è sfiorata anche il 16 luglio quando l’Isis ha lanciato il suo primo attacco in mare, aprendo - dopo l'attentato a Soussa - un altro fronte con l’Egitto, con un razzo che ha colpito una fregata della marina nelle acque del Sinai Settentrionale. Le foto, diffuse in rete per rivendicare l’attentato e vantare il successo del blitz, lasciano poco spazio ai dubbi e molto di più alla paura.

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