Parto naturale dopo cesareo: quanto tempo deve passare?

Dopo un cesareo si può avere un parto naturale? La risposta varia da gravidanza a gravidanza ma, in generale, il consiglio è quello di aspettare 36 mesi. 

Parto naturale dopo cesareo? Il VBCA è possibile ma è più consigliato quando le due nascite avvengono a distanza di 36 mesi.


Parto naturale dopo cesareo: quella che in passato era un’utopia è sempre più spesso una realtà, complici le linee guida che continuano a sottolineare come – in linea di massima – i parti naturali abbiano molti vantaggi e presentino meno complicazioni dei tagli cesarei. Detto questo, però, la decisione di affrontare un VBCA (acronimo inglese per Vaginal Birth After Cesarean) spetta solo ed esclusivamente alla gestante che potrà decidere se fissare un secondo cesareo o se tentare la via del parto naturale. Il consiglio, in questo caso, è quello di aspettare 36 mesi per ridurre i possibili rischi. Ecco ciò che è utile sapere.

Parto naturale: rischi del VBCA

La complicazione più temuta del VBCA è la rottura dell’utero al livello della cicatrice del primo cesareo. Il perché è presto detto: il punto dove è stato effettuato il taglio per la nascita del primo figlio, infatti, è più delicato e potrebbe non sopportare le contrazioni specialmente se il tempo trascorso tra il primo e il secondo parto è limitato e quindi la ferita non ha avuto tempo di rimarginarsi a dovere. Il rischio, in questo caso, è più frequente se le contrazioni non sono naturali, quindi se vengono “aiutate” da iniezioni di ossitocina sintetica o prostaglandine. Una buona notizia però c’è: recenti studi, infatti, hanno dimostrato che le possibilità che l’utero si rompa diminuiscono al passare del tempo e quindi se queste complicazioni si manifestano in quasi 5 casi su 100 in caso di parti a distanza di meno di 12 mesi l’uno dall’altro, è anche vero che – trascorsi 36 mesi – i rischi sono dello 0,2%.

Dopo parto cesareo: quando è impossibile un parto spontaneo?

Malgrado tutto, però, un parto spontaneo dopo un cesareo non è sempre possibile. Nel consigliare (o meno) la via vaginale, infatti, bisognerà considerare lo stato generale di salute della mamma ma anche il decorso della gravidanza, la grandezza del bambino a termine, le eventuali complicazioni riscontrate nei nove mesi d’attesa e – come in tutte le gravidanze – dalla presentazione del bambino all’ingresso pelvico.

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