Raoul Bova condannato. Giulia Bongiorno: "ribalteremo la sentenza"

Il Tribunale di Roma ha condannato Raoul Bova per un reato fiscale: avrebbe evaso 680 mila euro tra il 2005 e il 2010. L'avvocato Giulia Bongiorno: "l'appello ribalterà la condanna".

Raoul Bova è stato condannato a 1 anno e 6 mesi per “dichiarazione fraudolenta mediante artifici”.

L’accusa aveva chiesto 1 anno, la sentenza gli ha inflitto 6 mesi in più. La condanna a Raoul Bova per un reato fiscale è solo il primo passo di un processo che ora si prepara all’appello che, ne è convinta l’avvocato difensore Giulia Bongiorno, “ribalterà la condanna”. Perché quella “dichiarazione fraudolenta mediante artifici” assodata dal giudice monocratico del Tribunale di Roma - che gli ha anche accordato la sospensione della pena e la non menzione - secondo l’avvocato non sta in piedi.

La sentenza di oggi - spiega la Bongiorno riferendosi al verdetto emesso il 25 luglio che ha assolto la sorella Daniela e l'ex moglie, Chiara Giordano, co-imputate - ha escluso che Raoul Bova abbia mai emesso fatture per operazioni inesistenti, quindi l’accusa relativa a presunte operazioni fittizie, che costituiva il cuore del processo, è stata sbriciolata dalla sentenza di assoluzione”.

Per chi se lo fosse perso la querelle riguarda il periodo 2006-2010 e i proventi di Scusa ma ti chiamo amore, il film diretto da Federico Moccia - condannato a sua volta in un altro processo a 2 anni per un’evasione di circa 1 milione e 400 mila euro - di cui Raoul Bova è il protagonista. Secondo l’accusa, l’attore ha dichiarato un reddito inferiore beneficiando così di un’aliquota più bassa, grazie al trasferimento illecito di alcuni costi alla Sammarco, la società che gestisce la sua immagine. Insomma, una “dichiarazione fraudolenta mediante artifici” che avrebbe sottratto al Fisco 680 mila euro, lievitati per gli interessi a circa 1 milione e mezzo. Somma che l’attore dovrebbe restituire all’Erario.

Il condizionale è d’obbligo perché “la condanna - spiega ancora la Bongiorno - si riferisce esclusivamente alla interpretazione di un contratto sui diritti di immagine sul quale si è già espressa la Commissione Tributaria di Roma in via definitiva dando inequivocabilmente ragione a Raul Bova. La Commissione Tributaria ha sottolineato che contratti come quello oggetto del processo penale in realtà sono strumenti tipici e legittimi nel mondo artistico”. Ecco perché, ha concluso la legale, “siamo certi che l’appello ribalterà la condanna anche prendendo spunto anche dalle eloquenti statuizioni della Commissione tributaria”. Nel frattempo, il web fa dell'ironia al motto di Scusa ma ti chiamo evasore.

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