No alla violenza sulle donne, la fotografa che fa parlare i corpi

Rory Banwell ha gridato il suo no alla violenza sulle donne con il progetto "Still not asking for it": ritratti di donne (e uomini) seminudi con scritte sui corpi, per smettere di biasimare le vittime e trovare una soluzione al problema.  

La fotografa Rory Banwell ha gridato il suo no alla violenza sulle donne con il progetto Still not asking for it (Non me la sono cercata).


Quando nel 2014 Rory Banwell ha scoperto di essere incinta di una bambina, nella sua testa ha partorito il suo no alla violenza sulle donne. Un progetto fotografico che ora si chiama Still not asking for it (traducibile con Non me la sono cercata) e ritrae donne, uomini e genitori seminudi, vestiti di frasi e di orgoglio. “Perché le vittime di violenza sessuale non sono mai da biasimare” spiega Rory, non ha importanza come si vestono o come si comportano: “no significa no”. 

Il suo no alla violenza sulle donne, si diceva, nasce quando Rory ha il pancione: "alla notizia di una bambina, in tanti hanno suggerito a mio marito Alex che era ora di comprare una pistola - ha raccontato al Daily Mail Australia - come se il nostro compito fosse proteggere quella vita solo in relazione al suo sesso”. La coppia rimugina, sconfortata da come “la società pensa alle donne come vittime” e “in pochi si concentrano davvero sui carnefici”.         

L’illuminazione si accende quando Rory va a una manifestazione contro la violenza sulle donne a Toronto e incontra Alex, una giovane che sfila con del nastro adesivo a coprirle i capezzoli e la scritta Still not asking for it sul petto. Rory ancora non lo sa ma in quell’immagine c’è tutto: “Mi piaceva l'idea che, a prescindere da ciò che s’indossa, non ci sono scuse, né giustificazioni e tanto meno un invito nascosto ad essere violentate”.

No alla violenza sulle donne: la fotografa ci mette anche la faccia.

Detto fatto: oggi il no alla violenza sulle donne secondo Rory Banwell è un carosello di fotografie in bianco e nero, ritratti semplici di corpi in piedi, davanti a uno sfondo bianco, ricoperti di scritte che parlano per loro. Rory compresa che, per l’occasione, si è fatta fotografare con il suo pancione e un cartello che dice “io non voglio che la mia bambina nasca in una società che accetta la violenza sessuale”. Pubblicato su Facebook e Tumblr, il progetto è diventato virale e il suo no alla violenza sulle donne non è che all’inizio. “Mi piacerebbe ampliarlo, includere molti più generi, razze, culture, età per raccontare una fetta più ampia e più trasversale della società”. Abituata a trasformare in realtà le sue idee, Rory ha lanciato una campagna su Go Fund Me per raccogliere fondi e girare l’Australia alla ricerca di altri corpi da inscrivere e fotografare per urlare ancora più forte il suo no. 

Soprattutto dopo aver fatto i conti con i commenti irrispettosi che sono apparsi sulla sua bacheca, sintomo - ne è convinta l’autrice - “della mancanza di educazione in materia e indice di quanta strada dobbiamo ancora fare prima di considerare risolto il problema: abbiamo bisogno di parlarne, così da poterlo affrontarli da adulti e cercare una soluzione. Fino a quando non lo consideriamo un problema che ha bisogno di una risposta, le donne continueranno a morire, altre continueranno ad essere aggredite e altre ad essere troppo spaventate per farsi avanti”. 

Copyright foto: Facebook@Rory Banwell 
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