Soprannomi: cos’è il baby talk?

Nomignoli e vezzeggiativi caratterizzano il (primo) rapporto linguistico tra madre e figlio ma, alla lunga, rischiano di essere controproducenti nel normale procedimento di acquisizione del linguaggio dei più piccoli.

 

Soprannomi, nomignoli e "paroline semplici" fanno parte dello scambio comunicativo delle mamme con i propri figli e degli innamorati. Secondo la scienza la causa è tutta ormonale.


Ogni mamma instaura con il suo bambino un rapporto speciale che, fin dai primi calcetti, è anche (e soprattutto) linguistico. La psicologia lo chiama “baby talk” e spiega l’importanza di soprannomi e nomignoli che – sottolinea – aiutano a creare un rapporto speciale con il piccolo di casa acuendo quella confidenza che è tipica anche degli innamorati. D’altra parte si sa, quando Cupido lancia le sue frecce d’amore la tentazione di ricorrere ai vezzeggiativi si fa prepotentemente sentire e, nelle coppie, i diminutivi sono all’ordine del giorno. Un rapporto del genere si cela anche “dietro” alla maternità ed è scatenato, secondo gli studiosi, in particolare da tre ormoni (dopamina, fenilatemina ed ossitocina) che si scatenano sia nei bambini che negli innamorati, appunto. 

Nomignoli per bambini: quali sono i rischi?

Il dubbio, però, è legittimo: l’utilizzo del baby talk – per quanto dettato dalle migliori intenzioni – può avere conseguenze sul naturale procedimento di apprendimento del linguaggio? Insomma, l’uso indiscriminato di onomatopee e di “paroline semplici” (il classico "bau" al posto di "cane", per intenderci) può rallentare lo sviluppo linguistico del piccolo di casa? Secondo gli esperti il rischio c’è ma non deve essere sopravvalutato. Nei primi mesi di vita del bambino, infatti, i meccanismi di comunicazione che lui adotta non sono intenzionali e hanno l’unico scopo di rendere manifeste le sensazioni (in primis di disagio e benessere) dunque qualsiasi risposta si riceva – tutto sommato – va benone. 

18 mesi: l'esplosione del vocabolario

Le prime “difficoltà” si manifestano con il tempo e, specialmente, al compimento dei 18 mesi quando inizia la cosiddetta “esplosione del vocabolario” e lo sviluppo linguistico avviene in modo esponenziale arrivando – quasi di colpo – a circa 50 parole destinate poi a crescere ininterrottamente nei periodi immediatamente successivi. Da questo momento in poi, quindi, è importante fornire ai bambini una “cassetta degli attrezzi” linguistica che, senza rinunciare ai soprannomi e alle tenerezze lessicali, rinunci – almeno un po’ – alla semplificazione eccessiva per aiutare i bimbi ad accrescere le loro competenze. Naturalmente, comunque, ciascun figlio ha le sue personalissime modalità di apprendimento e le sue – altrettanto individuali – tempistiche. Un consiglio, però, vale per tutti: dall’anno e mezzo in poi meglio proporre una comunicazione semplice ma non eccessivamente “semplificata” perché, grazie all’utilizzo di un vocabolario appropriato nella quotidianità, i piccoli impareranno a relazionarsi al mondo nella giusta maniera. Anche linguistica, ovviamente.

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