L'amore non esiste, ma noi ci crediamo lo stesso

Secondo la scienza l'amore non esiste, è una combinazione chimica di dopamina e ossitocitina. Tuttavia esistono le conseguenze e, a proposito, ci consola.

Anche se l'amore è indimostrabile, le reazioni chimiche del cervello sono ben note alla scienza.


L’amore non esiste, niente paura. Non si tocca, non si misura, per la scienza semplicemente non c’è. Quello che chiamiamo amore è una combinazione chimica, spiega. Dopamina e ossitocitina che aumentano o diminuiscono nel nostro cervello. “L’amore non esiste” dice la canzone di Silvestri, Fabi e Gazzé, però esistiamo noi due, rispondono gli innamorati. Insomma, se il tormento ha ragion d’essere, bisogna tener bene a mente che per la chimica è una faccenda di neurotrasmettitori, microscosse elettriche e combinazioni di elementi. 

L'amore esiste? Risponde la chimica

I batticuori? È il nostro cervello che manda segnali alla ghiandola surrenale la quale secerne (anche) adrenalina e noradrenalina che a loro volta, attraverso il sangue, fanno battere il cuore come se si stessero correndo i cento metri piani. Il tradimento? Questa volta è colpa del dna e della dopamina. E ancora: uno studio pubblicato su Neuroscience and Biobehavioral Reviews che ha preso in considerazione gli effetti dell'alcol e dell'ossitocina ha rivelato come il detto “ebbri d’amore” sia molto più vicino alla realtà di quanto non suggerisca la letteratura. Gli effetti sul cervello, nelle buona e nella cattiva sorte, sono pressoché gli stessi.

Tuttavia, se le scienze sono molto precise nel descrivere la natura e il modo di comportarsi dei neutrasmettitori, diventano di colpo vaghe quando si tratta di capire il perché ossitocitina e dopamina decidano proprio che quella persona lì e quella situazione possono portarci alle stelle o alle stalle. 

L'amore vero esiste (soprattutto le conseguenze)

Insomma, se un punto di vista newtoniano l’amore non esiste - non permette la riproduzione dell’esperimento -, la scienza ammette le conseguenze dell’amore e, a proposito, ci consola: l’altalena di sentimenti all’apparenza ingovernabile è molto coerente con il funzionamento del nostro cervello. Non solo: una buona quota d’irrazionalità è compresa nel nostro modo di ragionare. Enzo Tagliazucchi, ricercatore dell’Istituto di fisiologia medica di Kiel, ha studiato a lungo il confine tra coscienza e incoscienza esaminando (con una risonanza magnetica) l’attività dei neuroni di 12 persone sveglie e poi anestetizzate. Risultato: ad occhi aperti il cervello fa viaggiare i neuroni dappertutto, in una sorta di caos controllato che sonda il maggior numero di connessioni possibili - perché, rassegniamoci, il nostro pensiero non è così omogeneo come pensiamo sia - fino a quello che chiamano “il punto critico”, tradotto sentimentalmente, la fine della storia. A mano a mano che si passa all'incoscienza il tumulto si placa e si fa prevedibile.

A dimostrare le (pessime) conseguenze dell'amore sul fisico c'è anche uno   studio della Duke University, secondo cui il divorzio spezza il cuore. Medicalmente parlando, aumenta notevolmente il rischio d'infarto e, tanto per la cronaca, alle donne va peggio che agli uomini: dopo il primo fallimento la probabilità è del 24%, dopo il secondo s'impenna al 77%. 

D'altra parte, sempre per ricondurre l'amore alla chimica, la dopamina e l'ossitocina ci piacciono, una volta che il nostro cervello le ha provate tende a cercare di ripetere l’esperienza: funziona così per gran parte delle dipendenze. Per raggiungere lo scopo sta continuamente in tensione, pronto a cogliere qualunque segnale e a gettarvisi sopra come un predatore. Controprova: uno scienziato ha tolto l’ossitocitina a una specie di roditori monogama e questi, accoppiandosi solo più per riprodursi, sono improvvisamente diventati farfalloni iniziando a fare sesso con tutti i partner disponibili. Tornato il neutrasmettitore, rieccoli tutti lavoro e focolare. Insomma: l'amore non esiste, ma noi ci crediamo lo stesso.

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